Luca Carrubba, che poco tempo fa è stato a Buenos Aires per il “GameOn! El arte en juego”, è il presidente di Arsgames España. Si tratta di un’associazione culturale che produce ed esegue progetti basati sulla cultura videoludica a partire da tre linee d’azione. Quali? Educazione, investigazione scientifica e partecipazione civica. Secondo Luca, la tecnologia non è mai stata solo uno strumento ma bensì uno spazio di azione e di soggettivazione politica e artistica. “Spesso ci raccontiamo che la tecnologia è neutra e che dipende solo da come la usiamo. Questo è profondamente falso. La tecnologia è culturalmente e storicamente orientata, ovvero prodotta in un determinato contesto e risponde a logiche di produzione e uso specifiche”, spiega.
L’origine
Arsgames España è un collettivo che nasce nel 2006 a Madrid grazie all’impulso di Flavio Escribano. Col tempo si converte in un’organizzazione internazionale del terzo settore capace di operare a livello nazionale e internazionale con sedi a Barcelona, Valencia, Málaga, Madrid e Ciudad de Mexico. “Siamo riusciti a incidere su come le istituzioni intendono i videogiochi avendo noi iniziato quando ancora andare in un museo o in un istituzione di governo e proporre progetti di cultura e videogiochi era qualcosa di molto strano”, indica Luca. Molto del merito di quello che è oggi Arsgames si deve al lavoro di Euridice Cabañes e di tutte le persone che hanno attraversato il collettivo in questi anni.
Lavorare la cultura videoludica a 360 gradi
ArsGames realizza progetti di diverso tipo spaziando da progetti educativi a progetti di ricerca scientifica, fino a mostre, esposizioni, festival e passando per l’uso dei videogiochi per la promozione dell’impegno civile. Questi progetti possono essere puntuali o di ampio raggio. Con Gamestar(t) hanno creato una metodologia educativa nell’incontro fra arte, scienza, tecnologia e videogiochi dove sperimentare attraverso workshop e accampamenti estivi nuovi modelli educativi basati nell’uso e appropriazione della tecnologia. Sello.arsgames è la loro casa editrice attraverso cui pubblicano libri nell’ambito dei cosiddetti GameStudies -la disciplina accademica che si occupa dello studio dei videogiochi-; oltre a partecipare al dibattito accademico attraverso una rivista semestrale di studi videoludici che hanno chiamato Bit y aparte. “Pubblichiamo anche videogiochi radicali come il Paraíso de la Deuda e nella collezione Peque-topía quelli fatti dai giovani che partecipano ai nostri workshop.”
Cosa si propone questa associazione culturale?
“Come entità con base in Spagna e in Messico incoraggiamo il dibattito e la creazione in lingua spagnola, cercando di dare visibilità a tutti quei processi che stanno succedendo nel sud globale e spesso vengono marginalizzati per un problema di accesso linguistico. Parte di questa strategia è generare vincoli e collaborazioni con altri collettivi che, specialmente in America Latina, stanno lavorando nella stessa direzione. Penso a ObjetoA e Fundav in Argentina, che ognuno a partire della sua specificità sta contribuendo a promuovere un altro tipo di cultura videoludica nel paese. Crediamo fortemente nella collaborazione e i nostri progetti si basano sempre nella cultura aperta e nell’uso delle tecnologia libere. Il nostro obiettivo è la trasformazione sociale, per questo è necessario allearsi e organizzarsi.”